Informazione giuridica

Oggi, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 286/2022, ha accolto il ricorso di una mamma, annullando la decisione di decadenza della donna dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore e di trasferimento del bambino in casa-famiglia, ritenendo l’uso della forza in fase di esecuzione fuori dallo Stato di diritto. Si auspica, quindi, che non ci saranno più casi di agenti che prelevano in modo coatto bambini terrorizzati. I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto nullo il provvedimento della Corte di appello di Roma anche perché non aveva proceduto all’ascolto del minore che ha più volta manifestato la sua volontà di rimanere con la madre. «In tema di affidamento dei figli minori - si legge nella sentenza - l’ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, atteso che è espressamente destinato a raccogliere le sue opinioni e a valutare i suoi bisogni». Per i giudici non si può realizzare il diritto alla bigenitorialità rimuovendo la figura genitoriale della madre e ciò sulla base di motivazioni che richiamano le consulenze tecniche, tutte volte all’accertamento dell’alienazione parentale, nonostante la stessa sia notoriamente un costrutto ascientifico. La Cassazione ribadisce che «il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre». Il collegio osserva inoltre che il diritto alla bigenitorialità così come ogni decisione assunta per realizzarlo non può rispondere a una formula astratta «nell’assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita del minore, privato ex abrupto del riferimento alla figura materna con la quale, nel caso concreto, come emerge inequivocabilmente dagli atti, ha sempre convissuto felicemente, coltivando serenamente i propri interessi di bambino, e frequentando proficuamente la scuola». La Corte Suprema rileva ancora che l’autorità giudiziaria di merito ha del tutto omesso di considerare quali potrebbero essere le ripercussioni sulla vita e sulla salute del minore di una brusca e definitiva sottrazione dello stesso dalla relazione familiare con la madre, con la lacerazione di ogni consuetudine di vita, ignorando che la bigenitorialità è, anzitutto, un diritto del minore. Per i giudici l’esecuzione coattiva per collocarlo in una casa-famiglia non è una misura «conforme ai principi dello Stato di diritto in quanto prescinde del tutto dall’età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore». Lorenzo Stipa.

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