Informazione giuridica

Una condanna in primo grado a 1 anno e 6 mesi per due genitori che non accettavano che la figlia si separasse dal marito. La Donna, che con lui ha due figlie, ha dovuto subire ogni forma di violenza, fisica, psicologica, verbale dai propri genitori. Non accettavano che la figlia si separasse dal marito. Per questo due genitori, nel 2015, avevano iniziato una serie di atti persecutori nei confronti della figlia, anche davanti ai piccoli nipotini. Testimoni hanno raccontato di aver visto la mamma di Lei afferrarla per un braccio e prenderla a pugni, tirandole i capelli, davanti ai figli piccoli che, terrorizzati, chiedevano aiuto. Il padre di lei, invece, pare abbia più volte preso i bambini, impedendo alla figlia di uscire dal luogo di lavoro, posteggiando l'auto davanti alla sua. "Io ti ho fatto, io ti ammazzo" è la frase che la Donna ha dovuto sentire più volte dai suoi genitori, un incubo iniziato nel 2015 e fatto di telefonate assillanti, piazzate sul posto di lavoro, minacce, accuse pubbliche e private. "È una figlia ingrata e una cattiva madre” dicevano a tutti in paese e poi “Sei una m***a, z*****a, t****a, io ti ho fatto, io ti ammazzo”. La Donna comincia a vivere in un perenne stato d'ansia e accusa malori. Minacce di mettere bombe sotto casa, ronde di notte e dispetti, "Saluta tua madre, s*****a" diranno più volte ai loro nipotini, minacce e aggressioni anche verso coloro che hanno tentato di difendere la povera Donna. Spesso, troppo spesso, accade che la gabbia di violenza in cui si viene chiusi è fatta delle persone che dovrebbero tutelarci e proteggerci. Ricordiamo che il reato di violenza privato (art. 610 c.p.) prevede che “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339” Mentre il reato di stalking (atti persecutori – art. 612 bis c.p.) prevede che: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio”. Luca Volpe

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