C’è sconcerto e amarezza nell’aver visto le immagini violente delle manifestazioni di Pisa e Firenze. Fa male al cuore vedere giovanissime e giovanissimi travolti dalla forza di un plotone di agenti di polizia. Ma cosa dice la legge?
Nelle immagini si nota un utilizzo di manganelli o così detti sfollagente. Sono vere e proprie armi e vengono usati come strumenti antisommossa.
L’uso di queste armi è vietato dalla legge. L’art. 4 della Legge n.110 del 1974 prevede che “non possono essere portati, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere”.
Anche la Corte di Cassazione ha confermato che “Il manganello o sfollagente è esplicitamente compreso tra le armi e gli strumenti ad esse assimilati indicati nel primo comma dell’art. 4 della legge n 110 del 1975 sul controllo delle armi e per i quali è dalla legge vietato il porto, salvo le autorizzazioni previste dal terzo comma dell’ad. 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza” (Sez. 1, n. 5852 del 23/01/1978, Andreotti, Rv. 138978).
Tuttavia l’art. 30 della stessa legge autorizza le forze dell’ordine ad esserne munita senza alcuna autorizzazione a differenza di un privato cittadino.
E quando allora possono essere utilizzate?
Sicuramente per “legittima difesa” secondo quanto previsto dall’art. 52 del codice penale.
Ma anche per l’adempimento di un dovere l’art. 53 del codice penale prevede che “non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorità”.
Interessante una sentenza del Tribunale di Bologna del 2021 nella quale si legge: “sulla base della premessa, perentoria, e indiscutibile, secondo cui la libertà di riunione è un diritto fondamentale in una società democratica, ed anzi, così come la libertà di espressione, ne costituisce proprio uno dei fondamenti” ha testualmente ribadito “che di fronte a manifestazioni pacifiche – ancorché irregolari – l’intervento delle forze di polizia deve comunque ispirarsi ad un certo tasso di tolleranza (‘a certain degree of tolerance’) e modularsi secondo canoni di proporzionalità, sulla base di ragioni pertinenti e sufficienti a giustificare la compressione di quel diritto fondamentale”. Alla luce di tali principi – ha osservato il Tribunale felsineo – l’azione di sgombero messa in atto dalle forze dell’ordine bolognesi risultava misura macroscopicamente sproporzionata rispetto al pur legittimo obiettivo della tutela dell’ordine pubblico, posto che a fronte di “un gruppetto davvero sparuto di manifestanti”, fermi in piedi ad ostentare striscioni e ad urlare slogan antifascisti, la repressione si è concretizzata in una “sequenza di violente manganellate obiettivamente sorprendente”, che ha provocato tra l’altro delle lesioni ai manifestanti costretti a subirla. In definitiva, il Tribunale ha ritenuto che “un intervento non preannunciato con quelle caratteristiche non ha decisamente mostrato di ispirarsi al grado di tolerance che, alle condizioni date, era possibile (e pertanto doveroso) coltivare”.
avv. Luca Volpe